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IL 380° FESTINO DI SANTA ROSALIA
Dal 10 al 15 luglio 2002 i festeggiamenti in onore della Patrona di Palermo

Il Festino di Santa Rosalia, giunto quest’anno alla sua 380a edizione, nella più autentica tradizione palermitana va considerato come un “memoriale”, ossia il ricordo di un evento del passato che si rivive nel presente e ci fa guardare con speranza al futuro.

Voluto dal mio grande predecessore, il Cardinale Giannettino Doria, esso ricorda la liberazione della nostra Città dalla peste in seguito al ritrovamento delle reliquie di Santa Rosalia sul Monte Pellegrino, che segnò una svolta decisiva della nostra storia.

Perché sia memoriale, è necessario che il Festino ripresenti gli eventi tragici e gioiosi del 1624 con la migliore aderenza possibile, per coglierne i messaggi sempre attuali nell’oggi della nostra storia cittadina.

Solo così anche il Festino diventa un’occasione sempre nuova per conoscere meglio la nostra “Santuzza” e affidarci alla sua intercessione, perché dalla misericordia di Dio si ottenga la liberazione dalle tante pesti materiali, spirituali, sociali e morali che oggi ci affliggono e che tutti dobbiamo combattere, uniti e solidali, per l’affermazione degli autentici valori umani, quali l’amore, l’altruismo, la solidarietà, la legalità, la concordia e la pace, i soli capaci di rendere più serena la convivenza sociale.

Cardinale Salvatore De Giorgi
Arcivescovo di Palermo

Come ogni anno, le celebrazioni in onore di Santa Rosalia, Patrona di Palermo, avranno il loro momento culminante la sera del 14 luglio, nel Festino giunto alla sua 380ª edizione, che ancora una volta sarà la sintesi perfetta ed irripetibile di elementi religiosi e profani.

Una festa che offre il senso più autentico della devozione e dell’affetto che la città nutre per la giovinetta che la salvò nel 1624 dalla terribile epidemia di peste che ne aveva decimato gli abitanti.

Le celebrazioni in onore della Patrona si svolgono dal 10 al 15 luglio e costituiscono un appuntamento irrinunciabile, sia dal punto di vista religioso che da quello ludico, trasformando Palermo in uno straordinario palcoscenico in cui viene messo in scena il ”miracolo” della Santa, ma in cui trova soprattutto spazio la gioia dei palermitani per avere ritrovato la speranza nel futuro e il desiderio di confermare la fiducia nel presente.

Non può spiegarsi diversamente la grandissima partecipazione popolare –che non ha, probabilmente, uguali in nessuna altra parte d’Italia – che vede lungo le strade e nelle piazze centinaia di migliaia di persone partecipare a questo evento così amato.

Anche quest’anno, come già la scorsa edizione, la scelta fatta è quella di valorizzare i contenuti fortemente religiosi del Festino, ma anche quelli culturali, naturalmente senza mortificarne la sua natura di festa di popolo.

La spettacolarizzazione, il Carro e i fuochi determineranno l’atmosfera di straordinaria suggestione e di commossa condivisione che nella scorsa edizione ne decretarono un grandissimo successo.

Attraverso questi appuntamenti, Palermo esprimerà la sua devozione alla Patrona, dimostrando, in questo modo, anche il proprio inestinguibile affetto nei confronti della fanciulla e l’importanza costituita dall’anniversario del ritrovamento delle reliquie della Santa.

La festa in onore di Santa Rosalia è una straordinaria mescolanza di elementi religiosi e profani, che ha sempre avuto nel rapporto saldo fra la Chiesa e le istituzioni amministrative (dal Senato della città, all’epoca della terribile epidemia, fino alle odierne Municipalità) uno dei suoi capisaldi. E anche quest’anno, nel rapporto fra la Municipalità e la Curia, verrà confermato questo vincolo così saldo.

Insieme a Santa Rosalia uno spazio particolare verrà dato anche alle altre patrone di Palermo, Sant’Oliva, Santa Cristina, Santa Ninfa e Sant’Agata, che simboleggiano i quattro mandamenti e, dunque, il cuore antico della nostra città.

Ma è Palermo tutta che partecipa ai festeggiamenti per la sua patrona. Il 15 luglio è un giorno speciale per i palermitani e quella del 14 è una notte in cui si mescolano elementi di grande suggestione, religiosi e profani, che non hanno mancato di colpire l’immaginazione di quanti si sono trovati, in quei giorni, a visitare Palermo.

E proprio quella del Festino è un’occasione straordinaria per visitare Palermo. L’opulenza dei festeggiamenti e la bellezza della nostra città, che hanno letteralmente abbagliato nei secoli tanti letterati ed artisti, grandi viaggiatori che hanno testimoniato, nei loro scritti, tanta magnificenza, costituiscono certamente una ragione per fare della nostra città la meta principale di una viaggio in Sicilia.

Quella del Festino, infatti, è una notte di grandi emozioni, della quale serbare un incancellabile ricordo. Quest’anno la teatralizzazione delle celebrazioni costituisce una grandissima novità, mentre la valorizzazione dell’elemento religioso ne esalta il suo legame con la tradizione. In un perfetto mix di passato e presente, di conservazione e di cambiamento che è il simbolo stesso della nostra città.

Viva Palermo, viva Santa Rosalia

Diego Cammarata
Sindaco di Palermo

La festa rituale ha nella ripetitività, nella sua condizione di fatale identità, la sua forza trainante e il suo limite più fragile. Dà certezze, comunica al mondo un messaggio assoluto, si offre come antidoto alla dimenticanza.

Ma proprio perché rappresentazione uguale a se stessa, essa può rischiare continuamente la distrazione e l’autocelebrazione, da cui via via sfumano i valori originali dell’evento.

Al di là dell’enfasi barocca dalla quale è sempre stato accompagnato, il Festino di Santa Rosalia si sottrae a quelle cadute grazie ad una serie di implicazioni che attengono sia alla natura dell’evento che alle caratteristiche della città.

Il Festino è sì una festa di ringraziamento per l’ottenimento di un miracolo, ma è, anche e soprattutto, l’incarnazione di un sentimento e la memoria di una metafora. Quel sentimento che traduceva il desiderio di una città per troppi secoli frustrata e tradita nelle sue aspirazioni e nelle sue ambizioni. Desiderio di una protezione che fosse anche dialogo; desiderio di giustizia che fosse anche comprensione; desiderio di familiarità che fosse anche complicità.

E tutto questo Palermo lo proiettò non in un signore potente – quanti re l’avevano abbandonata! –, né in una figura di santo autorevole e paternalista, ma in una delicata fanciulla eremita, che sollecitava, a sua volta, il desiderio di una reciprocità. Contraddicendo, così, l’antica epigrafe alios nutrit, suos devorat, apposta al suo Genius loci, che simboleggiava la generosità di Palermo verso gli stranieri, commisurata all’ostilità nei confronti dei suoi figli. Perché Rosalia era, finalmente, siciliana e palermitana, se pure di stirpe normanna (la stirpe, comunque, più amata e sentita propria dai palermitani). A Palermo l’ospitalità diventa integrazione, l’hospes assorbe l’hostis, il nemico diventa fratello, oltre ogni diversità e differenza.

Un sentimento che, dunque, la riscattava attraverso la liberazione dalla peste, da tutte le possibili pesti della sua storia.

E se Rosalia fu voluta “a furor di popolo” dai poveri e dai diseredati, la sua santificazione venne, probabilmente, “recuperata” dalle gerarchie ecclesiastiche e dal potere temporale intorno ad un disegno strategico che riportò Palermo al suo ruolo di capitale. Rosalia divenne, così, Palermo: cioè, simbolo dell’intera città.

Ecco che il Festino di Santa Rosalia, nel riproporre il sentimento di devozione religiosa e di ringraziamento per un evento del 1624, attinge ad una condizione emotiva dei palermitani che non è mai radicalmente mutata, pronta a riferirsi ad ogni percorso delle sue tribolate vicende storiche e dunque, sostanzialmente, a rinnovarsi.

Questa capacità del Festino di sfuggire alle cadute della ripetitività è, poi, manifesta nella più recente organizzazione artistica della festa, che coltiva l’obiettivo di recuperare anche una memoria colta dell’evento. Accanto ai tradizionali e doverosi spunti di carattere popolare, quest’anno sono presenti citazioni della cultura palermitana dell’epoca, dalla rappresentazione di alcuni personaggi storici (il grande Van Dick, il viceré Emanuele Filiberto, il cardinale Giannettino Doria) e di una città viva, operosa e multietnica, alla valorizzazione dei luoghi, delle architetture e dell’arte.

Riproporre oggi, attorno ad un grande messaggio di fede, l’immagine di quella Palermo, è forse qualcosa di più di una festa.

L’assessore alla Cultura
Gianni Puglisi

Sono convinto che il Festino di Santa Rosalia rappresenti una delle più importanti manifestazioni della teatralità popolare italiana.

Quest’anno, il desiderio di rendere omaggio alla Santa di Palermo, valorizzando i significati simbolici della sua storia e riportando alla luce la vastità di dati emersi dalle documentazioni d’archivio, mi ha guidato nel tentativo di creare uno spettacolo che fosse in grado di uscire dall’ambito ristretto delle mura palermitane e potesse interessare un pubblico ancora più vasto, ponendosi come universale rappresentazione del rapporto tra vita e morte, del dialogo tra sfera celeste e terrestre.

Per fare questo, occorreva individuare un elemento narrativo inedito, capace di dare nuove prospettive alla vicenda della peste a Palermo nel 1624.

Nel periodo di Natale, mentre curavo la messa in scena del monologo sulla vita di Giacomo Serpotta, ho avuto modo di leggere i testi di Mendola e Abbate su Van Dyck a Palermo tra il ’24 e il ’25.

Subito è scattata una scintilla, un corto circuito tra Serpotta e Van Dyck; immediatamente ho compreso la vastità delle possibilità espressive che sarebbero derivate dall’inserimento del pittore di Anversa nello spettacolo.

Da quel momento è iniziato un lento, appassionante lavoro di messa a punto dell’intreccio narrativo, basato su accurate ricerche d’archivio che hanno permesso la stesura di un testo filologicamente corretto, eppure libero nella rielaborazione del pensiero dei personaggi:Van Dyck appunto, il Vicerè Emanuele Filiberto e il cardinale Giannettino Doria.

Ne è scaturito uno spettacolo di grande complessità stilistica, che poggia, oltre che su una drammaturgia molto articolata, su una solidissima colonna sonora originale, composta con passione e sensibilità, accostando sonorità antiche e moderne, incrociando contaminazioni culturali che spaziano lungo tutto il bacino del Mediterraneo.Lo spettacolo vivrà, inoltre, di scenografie imponenti, firmate da un maestro del cinema italiano, che ha progettato e realizzato gli ambienti ideali per dare respiro e importanza a questo nuovo progetto di Festino, così fortemente teatralizzato.

Anche quest’anno, il percorso del carro sarà accuratamente amplificato e sarà possibile seguire la rappresentazione da qualunque punto del percorso, dal Palazzo Reale fino ai Quattro Canti. Uno sforzo creativo e produttivo rilevante, che il 14 luglio trasformerà Palermo nel palcoscenico più grande d’Italia.

Davide Rampello
Direttore Aristico

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